Commercio di prossimità: protagonista della rigenerazione urbana?

Ora che abbiamo più tempo per riflettere sull’eredità del lockdown, ci rendiamo conto che è vasta e multiforme, si estende a molti settori della nostra vita privata e soprattutto pubblica e sociale. Nel campo edilizio, una delle domande che ci si sta ponendo spesso è quale sarà il futuro delle città da ora in poi, come riorganizzarle al meglio dopo l’esperienza della pandemia. Una domanda che si apre su tante altre di conseguenza, toccando temi che vanno dalle nuove tecniche di costruzione per garantire edifici più salubri a una progettazione più consapevole degli spazi domestici, fino all’organizzazione della città per quanto riguarda mobilità, distribuzione delle aree comuni, gestione dei servizi.

Soffermandoci sui servizi, il lockdown ha messo in evidenza il ruolo forte dei negozi di quartiere. Durante la quarantena i piccoli produttori sono diventati dei punti di riferimento per i consumatori. Per portare un esempio, citiamo il progetto della fotografa francese Carolina Arantes, che durante il lockdown ha documentato il lavoro di alcuni piccoli produttori agricoli che hanno sperimentato un nuovo tipo di mercato. In Francia, come anche qui in Italia, i mercati di quartiere sono stati chiusi; come in Italia nei supermercati si sono formate lunghe file per poter entrare. E infine, come in Italia, la grande produzione è stata colpita dall’assenza dei lavoratori stagionali. Molte persone quindi hanno preferito ordinare da casa o hanno scelto la piccola distribuzione a chilometro zero. Con il suo reportage, Arantes mostra tutti i passaggi di questa filiera, seguendo l’azienda francese La ruche qui dit oui (L’alveare che dice sì, presente anche in Italia), che mette in contatto i produttori locali con i consumatori, garantendo la qualità dei prodotti e una distribuzione efficace. Il suo Un’agricoltura possibile è diventato un progetto multimediale, che si può visitare sul sito covid19visualproject.org.

All’esperienza raccontata dalla Arantes, aggiungiamo la posizione dell’architetto Patricia Viel, che in una lunga intervista su Artribune dal titolo Scenari postpandemici: la città policentrica secondo Patricia Viel, ha rilasciato questa dichiarazione: “[…] staremo più a casa, vivremo meglio il nostro quartiere, andremo a fare la spesa al mercato comunale o al mercato scoperto, e non di corsa riempiendo la macchina il sabato e facendo chilometri per andare in un centro commerciale. Attiveremo abitudini più condivise all’interno della famiglia: insomma, cambia tanto. Vai a fare la vita del borgo a piazzale Loreto, cioè abiti in via Padova e vivi il tuo contesto urbano come se fossi in un borgo. È una città di borghi quella che ci dobbiamo immaginare, non tanto il fatto di scappare sulle montagne o sugli Appennini”.

Sembra pertanto una visione comune che il commercio di prossimità rappresenti oggi un elemento fondante per la nuova riorganizzazione urbana e sociale. Una interpretazione innovativa di servizio che noi di Igecos caldeggiamo già da tempo. Il nostro progetto del 2018 di Biomarket in piazza Stampalia a Torino lo dimostra. Consiste infatti nel recupero di un basso fabbricato in Piazza Stampalia, nel quartiere Falchera, realizzando al suo interno un market/concept store alimentare di prodotti biologici, con bar annesso e orto allestito sul tetto piano dell’edificio. Il progetto, in edilizia sostenibile, nasce dalla collaborazione tra Igecos e Archisign, studio di architettura e design in Torino. L’obbiettivo è quello di costruire un edificio secondo i nuovi paradigmi di rispetto ambientale che diventi anche riferimento culturale e sociale – oltre che di servizio – nella zona. Piazza Stampalia rappresenta uno snodo importante per il quartiere, attualmente al centro di un processo di riqualificazione che ha messo al centro anche la viabilità con un nuovo collegamento tramite cavalcaferrovia che verrà inaugurato a breve.

Auspichiamo pertanto che, fra le misure di pianificazione delle città del futuro, ci sia un intervento anche a favore della piccola distribuzione. Siamo infatti convinti che questa pandemia possa regalare grandi opportunità al nostro settore e nuove modalità più sostenibili negli stili di vita, basta mettersi al lavoro